Questa sala contiene i prodotti delle officine del fabbro, del carradore, del maniscalco, che rappresentano l’opera di artigianato indispensabile nella trasformazione e completa umanizzazione dell’ambiente, a partire dalla metà del ’500, con l’attuazione del piano di bonifica delle aree acquitrinose voluto dalla Serenissima.
L’organizzazione agraria del territorio intorno alle grandi aziende del patriziato, soprattutto veneziano, crea un grande apporto di manodopera specializzata nei vari lavori della corte e un conseguente necessario sostegno da parte delle officine rurali, in particolare quelle che sono qui ben rappresentate. Così nella Bassa Padovana operano fabbri, carradori, maniscalchi ma anche marangoni, botàri, munàri, murèri, caligàri, scarparoli, carigàri, barcaroli, pescatori.
Molti degli artigiani provengono da luoghi dell’altopiano di Asiago.
Ben allestita è la bottega del fabbro (localmente fàvaro o feràro), con la relativa forgia, il mantice, l’incudine bicorna, la conca di pietra trachitica per raffreddare nell’acqua i pezzi roventi lavorati e mantenerne la tempera, ma anche con il banco da lavoro il cui pianale è ricoperto dai vari attrezzi e oggetti prodotti (punzoni, ciodàre, matrici per le viti e chiodi di tutte le misure, giunture e cerniere per infissi ecc.).
Quello del carradore era un mestiere veramente portante nella colonizzazione agraria: costruiva carri, carretti, ma anche calessi birocci e mezzi di trasporto in genere e spesso si trasformava anche in carpentiere, bottaio, marangon. La realizzazione del carro era impegnativa, richiedendo all’incirca una cinquantina di giorni, la maggior parte dei quali era dedicata alla costruzione delle ruote. Il materiale esposto proviene quasi tutto da arredi di officine delle famiglie Centanini di Stanghella e Dalla Pria di Megliadino S. Vitale. In evidenza sono due torni, di cui uno a pedale ancora funzionante, un tipico banco da lavoro con una collezione di vari attrezzi (pialle, pialloni, redinaròli, cortéli a do man), una cassettiera con rastrelliera, una morsa con tavolinetto triangolare per l’assemblaggio della ruota e un trabiccolo (cavaléto), cioè un attrezzo impiegato per infiggere i raggi delle ruote nel mozzo.
Più semplice lo strumentario indispensabile del maniscalco. Molto spesso si spostava per prestare la sua opera presso le grandi fattorie e normalmente il suo botteghino si collocava lungo la strada. Sul pianale del deschetto sono esposti alcuni attrezzi tipici: striglie, raschietti, vari ferri per cavalli, muli, asini, buoi e quanto serviva per ferrare gli animali adibiti al traino o al lavoro nei campi, ma anche per la loro cura e piccoli interventi chirurgici.